Pseudonimo di
Guidolino di Pietro. Pittore italiano.
Si conosce poco della sua giovinezza; entra nell'Ordine domenicano col nome di
Giovanni da Fiesole verso il 1418-1420 e diviene priore del convento di
Fiesole nel 1449. Ha come primi maestri d'arte Lorenzo Monaco e Gentile, da cui
deriva il gusto per il raffinato decorativismo tardo-gotico e una vena
ispirativa improntata a un'intensa spiritualità. Dopo le prime tavole e
miniature, si accosta alla pittura di Masaccio e al linguaggio figurativo di
Lorenzo Ghiberti, Donatello e Brunelleschi: così, all'esangue
stilizzazione delle figure e al vivace cromatismo di marca tardo-gotica, si
intreccia la lezione più significativa dell'arte rinascimentale, basata
su due cardini fondamentali: lo studio della struttura prospettica dello spazio
e la storicizzazione delle vicende umane. Pur assimilando i fermenti innovativi
del Rinascimento, non manca di rielaborarne l'influsso con accenti
personalissimi, rifiutando la componente più marcatamente "laica" e
conservando il preziosismo calligrafico e cromatico del gusto tardo-gotico. A
riprova di ciò è il colorismo luminoso e puro della
Madonna e
quattro santi (Parma, Pinacoteca) e del
Trittico di S. Pietro martire
(Firenze, Museo di S. Marco). L'influenza di Masaccio è evidente
soprattutto nelle opere successive (
Annunciazione e Adorazione dei Magi,
Firenze, Museo di S. Marco;
Incoronazione di Maria, Firenze, Uffizi),
dove i colori intensi pongono in risalto la volumetria delle figure e degli
oggetti grazie a una sapiente modulazione chiaroscurale. Nei primi decenni del
Quattrocento,
A. è ormai uno degli artisti fiorentini più
famosi del suo tempo. Sono di questo periodo numerose tavole di grande valore:
l'
Annunciazione (Cortona, Museo del Gesù), il
Tabernacolo dei
Linaioli (Firenze, Museo di S. Marco), l'
Incoronazione di Maria
(Parigi, Louvre), il grandioso
Polittico di Perugia (Roma, Pinacoteca
Vaticana) e la
Pala di S. Marco (Parigi, Louvre). In quest'ultima opera
rivela pienamente la sua concezione di moderna arte sacra, intesa anche come
espressione mistica. Nel 1436 Cosimo dÈ Medici incarica Michelozzo di
ampliare la chiesa e il convento di San Marco a Firenze;
A. si dedica ai
lavori a fresco del convento, decorando corridoi, celle e la sala del Capitolo.
Opere come la
Crocifissione,
Noli me tangere, la
Trasfigurazione, l'
Annunciazione, il
Cristo Deriso,
l'
Incoronazione di Maria, la
Presentazione al Tempio e la
Madonna in trono con otto santi segnano una svolta espressiva, rivelando
una rinnovata tensione verso il rigore e l'essenzialità dello stile unita
alla ricchezza simbolica delle figurazioni, dense di spiritualismo tradotto
nella nitida trasparenza dei colori e in una qualità luminosa
intensissima e diffusa. Nel 1446 si reca a Roma per affrescare la cappella
Niccolina in Vaticano, su invito di papa Niccolò V. Qui, attraverso le
Storie di Santo Stefano, perviene a toni più solenni, consoni
all'architettura classicheggiante dello sfondo. Ultimato questo capolavoro, nel
1447 affresca la volta della cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto.
Tornato a Fiesole, con l'aiuto di Benozzo Gozzoli, Zanobi Strozzi e Alessio
Baldovinetti dipinge l'
Armadio degli argenti della chiesa della S.S.
Annunziata. Durante un nuovo viaggio a Roma, nel 1455 è colto
improvvisamente dalla morte. Considerato riduttivamente da una parte della
critica come antitesi a Masaccio e al Rinascimento,
A. è stato
giustamente rivalutato dagli storici dell'arte moderni: benché la sua
pittura abbia preso le mosse dall'esile decorativismo tardo-gotico e
dall'eleganza misticheggiante dell'arte di Lorenzo Monaco, si sono presto
affacciate alla sua cultura figurativa le esperienze paradigmatiche del nuovo
linguaggio rinascimentale, attraverso la lezione prospettica e storica di
Donatello e di Masaccio. In questo contesto di profondo rinnovamento culturale e
dei valori figurativi,
A. riesce a esprimere mirabilmente l'aspirazione
al recupero della religiosità e del misticismo medievale, riassumendo nel
suo linguaggio pittorico sia la tensione verso il trascendente - espressa nella
stilizzazione gotica delle forme e nel cromatismo raffinato e misticheggiante -,
sia l'adesione ad un umanesimo concreto e ricco di fermenti nuovi, evidente
nella ripresa di moduli spaziali prospettici e di elementi naturalistici. Alla
sua opera di rinnovamento e alla sua personalissima concezione spaziale e
luministica si rifece, tra l'altro, Piero della Francesca (Vicchio di Mugello
1400 circa - Roma 1455).
Beato Angelico: "Annunciazione", part. (Madrid, museo del Prado)
Beato Angelico: “Il Paradiso”, part. del “Giudizio Universale” (Firenze, Museo di S. Marco)
Beato Angelico: “Incoronazione della Vergine”, part. (Firenze, Uffizi)